Parlare di Periferie senza sapere cosa siano!

  • 20 febbraio 2017
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Di che cosa parliamo, quando parliamo di periferie? Di molte cose insieme, tuttavia, in questo universo mondo ci sono degli elementi replicabili, caratteristica indispensabile, diceva Galileo, perché un fenomeno abbia natura scientifiche.

Ingenuamente si pensa che le periferie sono tutto ciò che sta ai margini: lontano dagli occhi, lontano dal cuore! Non è così, purtroppo esistono diversi tipi di periferie che nascono da diversi tipi di problemi e di disagi! Ci sono periferie che si identificano tali poiché sono state isolate socialmente (per carenza di servizi, collegamenti e welfar) anche trovandosi magari in pieno centro storico; ci sono periferie che non hanno un perimetro definito ma che si riconoscono per un certo tipo di attività (talvolta malavitose ma altre volte per attività industriali, commerciali o artigianali che vi si insediano) che non porta alcuno a passare o sostare in quel luogo; ci sono periferie che nascono dal totale isolamento dal resto ed in cui insediare una qualsiasi attività virtuosa risulta difficile e controproducente; esistono periferie nate dal totale abbandono di un territorio ed in cui restano solo edifici fantasma o ruderi; ci sono periferie che nascono dalla contrapposizione tra nuovo e vecchio senza sapere che entrambe sono in realtà la medesima periferia.

La replicabilità della nostra indagine sul mondo delle periferie italiane, con particolare focus sulle città metropolitane, è quella relativa al disagio abitativo. Una recente ricerca Nomisma descrive un Paese impantanato: le famiglie che vivono una situazione di disagio (incidenza del canone di affitto superiore al 30% del reddito familiare) sono oltre 1,7 milioni (il 41,8% del totale) e rischiano seriamente di scivolare verso situazioni di morosità.

Si tratta perlopiù di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera piuttosto omogenea. Tra questi, il 57% paga un canone di locazione superiore a 450 euro al mese, trovandosi quindi in difficoltà nell’adempiere al pagamento. Il 49,8% di chi occupa la graduatoria vive un disagio economico per basso reddito e/o canone oneroso, mentre il 12,2% è in disagio legato alle condizioni abitative (sovraffollamento, abitazione con barriere architettoniche, o antigenica).

L’edilizia residenziale pubblica dovrebbe rientrare tra le priorità nell’agenda dei decisori politici avendo assunto le caratteristiche dell’emergenza, ma oltre ai proclami giornalistici ed a qualche conferenza stampa per la firma di fantomatici protocolli non si vede molto, anzi si continua con il modus operandi degli ultimi decenni ovvero invece di pensare al recupero o demolizione dell’esistente vetusto si pensa sempre e solo a nuove edificazioni in aree verdi o a rischio ambientale.

Per focalizzare l’attenzione sul campo, la Commissione d’inchiesta sulle periferie (di cui faccio parte) ha promosso un ciclo di audizioni “mirate”. Roma per esempio è una città stressata del disagio abitativo; evidentemente mai affrontato con mezzi efficaci malgrado l’enorme investimento di risorse pubbliche, umane e materiali.

L’ATER (azienda territoriale per l’edilizia residenziale) già IACP, si legge nel sito “mira a prefigurare strutture in grado di far fronte, anche attraverso maggiori spazi operativi, alle nuove emergenze alloggiative e di porre le basi per un nuovo modello abitativo”. Alla buona comunicazione della mission aziendale tuttavia non corrisponde, la reale situazione di cassa.

Nel corso dell’audizione del Commissario straordinario, dottor Tamburino e del DG dottor Mazzetti, qualcuno ha rilevato che con quella situazione un’azienda privata avrebbe portato i libri in tribunale. Per dare qualche numero, a fronte di un patrimonio edilizio di 48.000 alloggi collocati in 4.000 edifici (vetusti) questo gigante dai piedi d’argilla, per un primo intervento di manutenzione straordinaria (attività di recupero) necessita di circa 110 milioni di euro. La “ditta” nel tempo ha contratto un forte debito con il Comune di Roma (oltre 500 milioni) ed ha accumulato crediti inesigibili deteriorati per oltre 700 milioni.

Siccome non c’è via di scampo al debito, come è già accaduto nel Belpaese, la borsa si risana (s)vendendo il patrimonio pubblico, misura che la stessa ATER sta prendendo in seria considerazione (sembrerebbe per i soli immobili a destinazione commerciale) per rimettere i conti in ordine.

La situazione romana è aggravata dal fatto che gli aventi diritto (una lista di 9.000 famiglie) non accede al bene a causa degli alloggi occupati abusivamente. Un altro elemento, che comprova la natura clientelare dell’istituto è il numero dei dipendenti, 460, 1 ogni 95 alloggi contro un dato virtuoso 1/150.

Anomalia nell’anomalia, la gestione delle case occupate è un “business” gestito dalla criminalità organizzata molto ben posizionata sul territorio della Capitale.

Senza voler anticipare le conclusioni mi limito a dire che utilizzeremo anche la lente della gestione dell’edilizia popolare per valutare lo stato di salute di altre città metropolitane del sud come Napoli e Palermo mentre posso già anticipare che FEDERCASA, la federazione italiana che raggruppa tutte le sigle, ATER compresa, metterà a disposizione i dati disaggregati tali da consentirci una riflessione puntuale sulle differenti realtà urbane.

Sembrerebbe che questo ragionamento punti il dito contro questo tipo di “organismo dello stato” che è presente su tutto il territorio nazionale, ma in realtà, da una parte va sicuramente chiarito come sono state gestite queste aziende ma dall’altro vanno fatte non poche domande ad una classe politica che al di là dell’appartenenza partitica ha negli ultimi decenni aperto la strada a soggetti privati (su cui si hanno scarsissimi controlli) che: con i finanziamenti regionali sull’edilizia economica e popolare, con i finanziamenti delle banche che erogano prestiti sempre con tanta facilità alle imprese costruttrici, con i finanziamenti dei cittadini che iniziano a comprare/impegnare l’immobile ancora prima di vederlo costruito ed infine con i finanziamenti indiretti degli oneri di urbanizzazione a scomputo che in troppi casi non sono stati utilizzati per realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, sono stati la causa di un degrado abitativo, che è diventato anche sociale, culturale e di sicurezza, le cui responsabilità dovrebbero essere perseguite sia dalla magistratura che dalla Corte dei Conti.

Questo modus operandi della politica che non ha vigilato e non ha utilizzato le strutture interne dello stato, ha creato una realtà dell’abitare devastante caratterizzato da quartieri dormitorio, assegnazione di immobili a soggetti che non ne hanno i requisiti, canoni elevati, assenza di collegamenti infrastrutturali e carenza di servizi essenziali. Dall’atro lato del guado restano invece le ex IACP che a fronte di suoli destinati alla loro edificazione e di canoni versati dai cittadini nelle loro casse anche per le manutenzioni ordinarie e straordinarie, si sono visti chiudere le porte in faccia dalle varie amministrazioni comunali/regionali che si erano già “vendute” ai privati ed alle loro richieste di varianti di piano regolatore, quasi sempre a danno di aree agricole…chissà forse un giorno quello che mangiamo lo coltiveremo solo sui tetti.

Resta infine ancora senza risposta la domanda sul perché si sia replicata nei decenni la mala gestione di un istituto tanto delicato. Speriamo che la Commissione d’inchiesta soddisfi anche questo genere di interrogativi.

 

PS: Lunedì 13 febbraio abbiamo fatto la seconda ispezione a Napoli, quartieri Scampia e Sanità, ed a breve proporrò al presidente della commissione d’inchiesta l’ispezione a Palermo, una due giorni di sopralluoghi ed incontri istituzionali. 

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  • Daniele Galassi

    se penso che morassut alla commissione sulla mega truffa dei piani di zona di Roma ha dichiarato che vuole fare una legge mi viene la pelle d’oca. Significa che neanche sa di cosa parla o peggio essendo stato assessore all’urbanistica del comune di Roma lo sa benissimo e farà una legge a favore dei palazzinari amici suoi. LE LEGGI ESISTONO, VANNO SOLO APPLICATE!

    • Claudia Mannino

      sono assolutamente d’accordo…le le leggi esistono e vanno rispettate ed applicate.

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