Da maggio del 2017, in Parlamento e altrove (leggi qui), si cerca di sensibilizzare l’informazione e le istituzioni sul tema degli incendi agli impianti dei rifiuti, che viaggiano a una media di oltre cento l’anno negli ultimi 4-5 anni, un numero che configura un’emergenza e un problema specifico, che le leggi vigenti non sono sufficienti a combattere e prevenire.
L’ennesimo rogo, che ha colpito stanotte una ditta di recupero di imballaggi plastici vicino Torino, certifica l’esistenza di una strategia criminale senza precedenti sull’impiantistica di recupero dei rifiuti in tutta Italia. I numeri parlano chiaro: nel 2017 sono andati in fiamme ben 110 impianti, tra cui 7 discariche, e in questo scorcio del 2018 altri 23 impianti sono bruciati (si può scaricare qui il dossier).
Il fenomeno è un’emergenza nazionale a cui le procure non possono rispondere autonomamente e solo per competenza territoriale, basta vedere nella mappa (anche in inverno, nonostante i tanti giorni di pioggia, è infatti evidente come il fenomeno subisca solo una lieve riduzione), con alcuni casi gravi per la salute umana e per l’ambiente circostante.
Le reazioni delle istituzioni sono state due: l’istituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare e l’emanazione di una circolare ministeriale.
Il lavoro della Commissione è stato molto utile ma solo a livello di censimento e di raccolta dei dati ed ha scritto nero su bianco che la chiusura di oltre 600 imprese in Cina addette all’importazione di materiali plastici sta mettendo in crisi il nostro sistema, ma non è venuta fuori alcuna decisione o proposta concreta dai lavori per quanto riguarda contrasto e prevenzione, come si può apprendere leggendo la relazione finale. Da quest’ultimo punto di vista si tratta di una occasione perduta per combattere questi episodi incendiari che dalle indagini risultano dolosi, per la maggior parte.
La circolare ministeriale invece impone di ridurre la durata degli stoccaggi (sono previste però solo sanzioni ordinarie), richiamando alla vigente normativa antincendio. Non si riconosce quindi alcuna emergenza specifica e non si prende alcuna misura specifica o straordinaria. La sola riduzione degli stoccaggi, nonostante si tratti di una misura doverosa, purtroppo non può essere efficace senza l’aumento dei controlli a sorpresa e delle sanzioni, senza una riforma del sistema delle concessioni e delle autorizzazioni, senza l’obbligo di videosorveglianza con l’utilizzo di termocamere e controlli sugli impianti antincendio.
Anche i Vigili del Fuoco, sempre in prima fila a richiare e proteggerci, con un puntuale comunicato hanno rilevano alcune criticità, sottolineando come nel caso degli incendi agli impianti dei rifiuti bisogna fare di più per riuscire a tutelare la salute delle persone che abitano nelle zone circostanti e per i soccorritori. Anche il Ministero della Salute e le agenzie di tutela ambientale vengono totalmente ignorate dalla circolare del Ministro Galletti, quando invece queste ultime rappresentano importanti presidi di prevenzione e monitoraggio dei fenomeni inquinanti.
La risposta nel suo complesso è stata insomma debole e sarà probabilmente inefficace. Ci si augura che il nuovo Parlamento e il futuro Governo prendano decisioni più incisive e significative su questo tema e più in generale sulla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Per concludere, ribadiamo quindi che è necessario:
- imporre la videosorvegliansa con termocamere in tutti i nuovi impianti ed in quelli che chiedono il rinnovi delle autorizzazioni
- la costituzione di una banca dati comune su scala nazionale a disposizione delle procure territoriali
- l’intervento, dopo le dichiarazioni di Pennisi riportate anche in una mia interrogazione parlamentare, del Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho